Idrobiologia delle sorgenti

Idrobiologia delle Sorgenti del Pescara

Il fascino delle sorgenti del Pescara attraverso i fondali ricchi di biodiversità.

 

 

L’incontro tra la nuda roccia del Gran Sasso ed i verdeggianti declivi della Maiella porta a sgorgare cristallina la linfa che alimenta una delle più copiose scaturigini dell’Appennino: le Sorgenti del Pescara.

Dall’incontro di elementi così diversi prende vita uno dei più importanti fiumi d’Abruzzo. Infatti l’acqua proveniente dal grande acquifero di Campo Imperatore, incontrando l’ostacolo offerto dalla roccia impermeabile della Maiella, sgorga ai piedi del Colle di Capo Pescara, emergendo in mille rivoli che confluiscono in uno specchio d’acqua limpido e cristallino, dalle mille sfumature di colori: numerose polle subalvee, che sgorgano copiose sul fondo, danno nuova e continua linfa a tale bacino che, con portata costante complessiva di 7000 l/s, rappresenta dei più importanti sistemi sorgentizi del centro nord Italia (anche l’acquifero del Sirente sembra dare un importante contributo al sistema sorgentizio).

Lo specchio d’acqua è la testimonianza relitta di un lago più vasto che, in tempi antichissimi, copriva tutta la Piana Peligna: il fiume Pescara, emissario dell’invaso, si aprì nel tempo un varco nelle Gole di Tremonti e il lago si svuotò, lasciando questo meraviglioso angolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo ghigii (Pomini, 1941)

Trota appenninica o adriatica

Regno: Animale
Famiglia: Salmonidae
Nome comune italiano: Trota mediterranea

Tassonomia e distribuzione

Rafinesque nel 1810 descrisse Salmo cettii come nuova specie, propria della Sicilia e Sardegna con Salar macrostigma, presente nelle montagne dell’Algeria, descritta da Duméril nel 1858. In letteratura, infatti, S. cetti è stato spesso sinonimo di Salmo mascrostigma, nome da usarsi solo per le
trote dell’Africa settentrionale, che si presentano morfologicamente differenti. Più recentemente, Kottelat & Freyof (2007), hanno elencato S. cettii tra le specie di trote indigene presenti in Italia.

Per quanto riguarda Salmo ghigii, Pomini la descrisse come specie a sé stante nel 1941, indicando le trote del fiume Sagittario. Sommani (1950), sconfessò Pomini ritenendo S. ghigii una semplice forma di S. trutta. Più recentemente è stata scoperta la presenza di una popolazione nell’area peninsulare medio-adriatica, le cui caratteristiche fenotipiche risultano ampiamente sovrapponibili a quelle di S. ghigii descritta dal Pomini. Oggigiorno (AIIAD, 2013), S. cettii e S. ghigii, sono considerate delle importanti Evolutionary Significant Unit (ESU) del nostro paese, con numerose Management Unit (MU), meritevoli dunque di adeguate misure di conservazione ad hoc. Nei report di Direttiva Habitat, le due ESU verranno raggruppate sotto la comune denominazione di Salmo cettii, come richiesto
dalla Commissione Europea.

Mentre S. cettii risulta distribuita nelle isole maggiori (Sardegna e Sicilia), nei laghi di Posta Fibreno e di Ninfa e in alcuni corsi d’acqua tirrenici dell’Italia peninsulare, l’areale distributivo di S. ghigii è ascrivibile ai bacini appenninici adriatici e tirrenici.

S. ghigii è compresa nell’Allegato II della direttiva “Habitat” tra le specie animali e vegetali d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione.

(tratto da “Manuale per il monitoraggio di specie e habitat di
interesse comunitario in Italia” ISPRA – MITE2016)

Ecologia

S. ghigii occupa la zona a salmonidi e la zona Ciprinicola superiore dei rilievi appenninici; l’habitat è rappresentato dalle acque fredde e ossigenate, con substrato grossolano e ricche di anfratti in cui potersi rifugiare. L’alimentazione è varia e comprende macrobenthos (soprattutto tricotteri ed efemerotteri), ma anche insetti adulti, piccoli pesci ed avannotti, della propria o altre specie. Il periodo riproduttivo è in genere compreso fra novembre e gennaio, talvolta si protrae anche più a lungo.

Le indagini effettuate nell’ambito della Revisione della Carta Ittica della Provincia di Pescara ha portato all’identificazione di nuclei di trote attribuibili con certezza a Salmo ghigii; questi sono i risultati degli studi condotti:

– L’allele *90 è completamente assente nelle Sorgenti del Pescara e nel fiume Pescara a Popoli in località De Contra.
– L’allele *100 è presente con una frequenza superiore al 50% nel fiume San Callisto nei pressi del cimitero di Popoli, nel fiume Tirino nei pressi dello stabilimento della Montedison a Bussi officine, nel fiume Lavino a Scafa, nel fiume Aterno nei pressi della confluenza con il Sagittario. Indagini genetiche condotte su popolamenti di Salmo trutta al di fuori del territorio
provinciale hanno evidenziato una frequenza dell’allele *100 superiore al 50% nel fiume Aterno che scorre nel tenimento del Comune di Vittorito e nelle Sorgenti del Cavuto sul fiume Sagittario: entrambe le stazioni si trovano in Provincia dell’Aquila.

Gli studi genetici i quali hanno evidenziato che nelle acque del bacino Aterno – Pescara la trota autoctona non è ancora estinta: per questo l’Amministrazione Provinciale di Pescara ha attivato un protocollo di intesa con il Parco Nazionale del Gran Sasso – Monti della Laga e con il Parco
Nazionale Maiella – Morrone al fine di impostare un programma di lavoro che permettesse, a partire da piccoli nuclei già identificati, di recuperare, all’interno delle aree protette, il ceppo della trota mediterranea, creando così dei veri e propri centri di diffusione del genotipo autoctono.

(tratto da V.IN.C.A. Calendario Ittico Regionale 2022)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Austropotamobius pallipes (Lereboullet, 1858)

Gambero di fiume

Posizione sistematica:

Regno: Animale
Phylum: Artropoda
Classe: Crustacea
Sottoclasse: Malacostraca
Ordine: Decapoda
Famiglia: Astacidae
Genere: Austropotamobius
Specie: Austropotamobius pallipes

Il Gambero di fiume è una specie diffusa in tutta Europa: colonizza le acque fresche, correnti, ben ossigenate e ricche di calcio (50-100 mg/l). Predilige pertanto il tratto alto dei fiumi, la zona delle trote. Talvolta vive anche nei laghi di pianura, purché alimentati da acque fresche.

La maturità sessuale è raggiunta tra i 3 ed i 4 anni. I gamberi si accoppiano in autunno: la femmina cerca poi riparo in un nascondiglio sicuro. L’incubazione delle uova coincide con la stagione fredda: la schiusa avviene nella tarda primavera dell’anno successivo.

Le popolazioni di gambero di fiume un tempo erano alquanto consistenti in tutti i corsi d’acqua italiani ed anche nella nostra regione: oggi risultano essere drasticamente ridotte a causa del degrado ambientale legato ad errate politiche gestionali.

La diminuzione delle popolazioni di gambero di fiume è stata particolarmente evidente nel corso dell’ultimo trentennio, durante il quale il crescente sfruttamento delle risorse idriche e l’uso sempre più massiccio di pesticidi e fertilizzanti chimici in agricoltura hanno giocato un ruolo chiave nel decremento qualitativo dei corpi idrici con effetti spesso fatali per la sopravvivenza di molte specie che un tempo li popolavano. Un ulteriore fattore che ha che portato al drastico decremento dei gamberi autoctoni dai corsi d’acqua della nostra regione è rappresentato dal generale abbassamento dei regimi dei corpi idrici: infatti il prelievo eccessivo delle acque per usi civici o industriali, la realizzazione di opere civili, finisce spesso per avere riflessi negativi sull’equilibrio degli ecosistemi acquatici causando un abbassamento delle falde acquifere e il prosciugamento delle risorgive.

Il decadimento delle popolazioni europee è stato inoltre associato all’introduzione, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, di specie alloctone alcune delle quali erano portatrici di vari agenti a patogenicità più o meno elevata. Uno di essi è responsabile di quella che comunemente viene chiamata “peste del gambero”; l’agente eziologico, Aphanomyces astaci, è un fungo saprolegnale che colpisce il sistema nervoso centrale del gambero di fiume portandolo a morte rapida; si tratta di un parassita obbligato che necessita della presenza dell’ospite per sopravvivere contro il quale non è noto alcun trattamento efficace.

Le prime mortalità di massa a carico delle popolazioni autoctone furono segnalate in Lombardia e nel Veneto nel 1865 (Ninni, 1865); la patologia si estese gradualmente nel resto d’Europa arrivando a colpire le popolazioni iberiche nel 1978 e l’Irlanda nel 1986. In Abruzzo così come in altre zone
dell’Italia centrale si verificarono esplosioni di mortalità alla fine degli anni ’70 probabilmente attribuibili all’afanomicosi.

Al fine di tutelare le esigue popolazioni relitte di gambero di fiume e di favorire la diffusione di questo crostaceo nei corsi d’acqua della nostra regione, le Province di Chieti, Pescara, L’Aquila, Teramo, Ascoli Piceno, Campobasso ed Isernia hanno elaborato il progetto “Austropotamobius
Pallipes: tutela e gestione nei Sic d’Italia Centrale”, approvato nell’ambito dei finanziamenti nazionali LIFE Natura.

Le popolazioni italiane di gambero di fiume sono state frequentemente oggetto di controversie tassonomiche; attualmente esse vengono ascritte alla sottospecie “italicus” di A. pallipes secondo quanto proposto da Bott (1950, 1972) sulla base di studi morfologici. Tuttavia recenti studi genetici hanno evidenziato valori di differenziamento (Santucci et al, 1997; Nascetti et al, 1997; Bondanelli et al, in prep.), che giustificherebbero l’elevazione a rango specifico dei due taxa.

(tratto da V.IN.C.A. Calendario Ittico Regionale 2022) 

Biologia ed ecologia

Il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes) fino agli anni ’70 era segnalato in numerosi torrenti dell’Italia centrale; attualmente la sua presenza è limitata ad alcune piccole aree, preservate dalle alterazioni ambientali che hanno coinvolto la maggior parte degli ecosistemi acquatici, ove sopravvivono piccole popolazioni relitte. 

L’Austropotamobius pallipes è compreso nell’Allegato II della direttiva “Habitat” tra le specie animali e vegetali d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione.

Le popolazioni ricadenti nell’area dell’Appennino centrale – versante adriatico costituiscono una porzione importante, sia in termini quantitativi che in termini biogeografici, della specie in ambito mediterraneo.

Tra le principali cause che hanno determinato la rarefazione della specie si possono annoverare l’immissione di gamberi esotici veicolo di malattie letali per il gambero autoctono, l’inquinamento, lo sfruttamento a fini idroelettrici di numerosi torrenti, con drastiche diminuzioni di portata in alveo, il bracconaggio.

A. pallipes è un organismo molto esigente dal punto di vista ambientale: il suo habitat ideale è costituito da corsi d’acqua montani, freschi, ben ossigenati, privi di inquinanti, non troppo turbolenti, con pH da 7 a 8, fondali a ciottoli e vegetazione acquatica abbondante. Il gambero di fiume è pressoché intollerante nei confronti di qualunque forma d’inquinamento delle acque (erbicidi, defoglianti, antiparassitari e disinfettanti, ma anche inquinamenti organici dovuti all’immissione di effluenti civili e zootecnici, anche di bassa entità); pertanto la sua presenza in un corpo idrico è un ottimo indicatore di acque incontaminate.

Difficile da incontrare sia per la sua rarità, sia per la natura schiva e per le abitudini prevalentemente notturne, il gambero di fiume ha un colore bruno-verdastro, può raggiungere i 12 centimetri di lunghezza e il peso massimo di 90 grammi.

Gli anfratti rocciosi, le radici sommerse, i tronchi, le foglie, i rami caduti nell’alveo in prossimità delle rive, costituiscono i ripari ove trascorre gran parte delle ore diurne; esso stesso scava tane lungo le rive dei corsi d’acqua.

Il regime alimentare di un gambero è molto vario, trattandosi di un animale onnivoro. Si nutre di invertebrati, come vermi, molluschi, larve di insetti e di vertebrati, quali ad esempio girini e piccoli pesci. A volte attacca anche pesci malati più grandi, divenendo quindi un ottimo spazzino che limita la diffusione delle malattie ittiche. Non disdegna i vegetali, i quali, soprattutto in estate, possono costituire anche il 60-80% della sua dieta; si ciba sia di vegetazione acquatica che di resti vegetali terrestri e di frutti caduti accidentalmente in acqua.

La raccolta (pesca) dei gamberi di fiume è vietata o sottoposta a severissimi vincoli di legge su tutto il territorio nazionale. La salvaguardia ed il recupero degli ambienti fluviali, il controllo dell’immissione di specie esotiche e la lotta al bracconaggio sono gli strumenti fondamentali per tutelare questo organismo unico e prezioso e per impedire il depauperamento del patrimonio di ricchezza e diversità biologica che la sua scomparsa arrecherebbe. 

(tratto da pannello informativo progetto LIFE03 NAT/IT/000137)

Presenza nella Riserva naturale Sorgenti del Pescara

Alcuni gamberi portati a riva in un contenitore di fortuna trovato in acqua

Nell’ambito di una ricerca multidisciplinare condotta negli anni 2007-2009 nel SIC IT7110097 “Fiumi Giardino – Sagittario – Aterno – Sorgenti del Pescara”, Luciano di Tizio, Lino Ruggieri e Maurizio Biondi hanno svolto un’indagine sulla presenza di Austropotamobius pallipes nella Riserva Naturale Guidata “Sorgenti del Pescara”, raccogliendo testimonianze attendibili e organizzando ricerche sul campo con la collocazione di nasse sul fondo e con l’utilizzo di un elettrostorditore spallabile. Hanno infine organizzato una immersione nelle ore crepuscolari e notturne che ha consentito di contare circa 60 individui tra giovani e adulti di differenti classi di età, 18 dei quali sono stati sottoposti a momentanea cattura per l’identificazione tassonomica, confermando la presenza nella Riserva Naturale Regionale “Sorgenti del Pescara” di una popolazione di Austropotamobius pallipes, meritevole di adeguata tutela. Si segnala inoltre che gli autori hanno osservato popolazioni con riproduttori e giovani di varie classi di età anche lungo il corso del fiume Aterno. Ciò probabilmente a seguito del progetto “Austropotamobius pallipes – LIFE 03 NAT/IT 000137″ e della conseguente reintroduzione di esemplari all’interno dei SIC delle Province coinvolte, tra le quali quelle di Pescara e dell’Aquila.

(tratto da It.J.Fresh.Ichthyol.
2014(1) : 202-206)

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